Traversata della Croda Rossa da E a O, per la grande cengia N della Crodaccia Alta (con apertura della nuova via “Valleferro-Ganeo”!)

DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: EEA+. Salita del crinale tra la Crodaccia Alta e la Crodaccia: PD. Salita dalla cengia N della Crodaccia Alta sino alla forcella tra la Crodaccia Alta e la Croda Rossa Pizora: D-. Discesa dalla forcella alla Val Montesela: AD.

Traversata alpinistica fisicamente impegnativa, pressoché priva di indicazioni (bolli ed ometti), su roccia talvolta marcia; necessità di alternare progressione in conserva con soste da allestire con chiodi/friend, affrontando passaggi fino a III+ (non v’è presenza di spit).

DISTANZA: 15 km – DURATA: 9 h – DSL: 950 m D+

DATA: 6 settembre 2023

Premesse

È da un anno e mezzo che accarezzo l’idea di questa imponente traversata alpinistica, studiandone con emozione e cura tutti i più piccoli dettagli. Un itinerario in uno degli ambienti più remoti delle Dolomiti, che presenta innumerevoli incognite. In primo luogo, la traversata della grande cengia N che, a quota 2600m ca, congiunge la Crodaccia Alta con la Piccola Croda Rossa. Nessuno mai pare ve ne abbia accennato in alcuna sede. Interpellato il Maestro Fabio Cammelli a riguardo, ha dichiarato di non aver mai percorso la cengia in questione. In secondo luogo, ma solo per criterio cronologico, l’ascesa della parete che sovrasta la cengia, sino a raggiungere la forcella tra la Crodaccia Alta e la Piccola Croda Rossa… e la discesa sul versante opposto di Val Montesela (Ra Montejela). Nessuna relazione di tale itinerario è stata rinvenuta. A posteriori, infatti, posso confermare che trattasi sicuramente di una prima, che per semplicità ed in onore agli usi passati chiameremo “Valleferro-Ganeo”, auspicando di aver contribuito ad offrire un piccolo e modesto tassello alla storia alpinistica della Croda Rossa. Come in occasione dell’apertura della via “Cristallino Ovest” (vedi relazione), mi sento di esprimere le considerazioni che seguono, anche prevedendo ed anticipando i commenti di eventuali detrattori di per certo più competenti dello scrivente: 1) la via “Valleferro-Ganeo” non è la via più diretta e veloce per giungere alla forcella collocata tra la Crodaccia Alta e la Croda Rossa Pizora… anche perché in forcella non ci arriva nemmeno 😉 Conduce, infatti, in cresta, ca 170 m a O, in una posizione più elevata di ca una ventina di metri rispetto alla quota di forcella; 2) la via “Valleferro-Ganeo” non è la via più semplice per giungere sulla cresta che congiunge la Crodaccia Alta con la Croda Rossa Pizora. La via, infatti, si sviluppa per ca 280 m, da affrontare prevalentemente in arrampicata. Esiste, invece, una soluzione di salita alla cresta (NON alla forcella) apparentemente più agevole; la descrive Paolo Beltrame:

Da qui esiste una facile via di fuga che permette di raggiungere l’itinerario che collega la malga Stolla alla m.ga Cavallo [nda: Rossalm] (ovviamente questa via può venir percorsa anche in salita da chi vuole evitare la lunga cresta proveniente dalla Piccola Croda Rossa). Si scende per ghiaie in versante Nord e si imbocca, ben visibile dall’alto, una cengia ghiaiosa che, verso sinistra, conduce al crinale proveniente da La Crodetta.

Paolo Beltrame, 101% Vera Montagna – Dolomiti/Croda Rossa d’Ampezzo, Michele Beltrame Editore, 2008, pag. 147.

In conclusione, la traiettoria della via “Valleferro-Ganeo” è stata determinata sulla scorta di un attento esame della parete svolto in loco, alla base della parete, e non sulla cresta, prediligendo una linea che solcasse rocce sane e compatte anziché marci pendii detritici. Compagno di questa avventura sarà l’abile ed esperto Edoardo, con il quale ho già avuto il privilegio di condividere molte avventure e l’apertura di una nuova via.

Relazione dell’itinerario

Lasciamo l’auto nei pressi del Rifugio Pratopiazza (2000 m) ed imbocchiamo il sentiero n. 3 fino a giungere nel Cadin di Crodaccia (da me così nominato in occasione di precedente esplorazione con l’amico Paolo), conchiuso tra le strapiombanti pareti della Crodaccia Alta le franose rupi della Crodaccia. È chiaramente possibile raggiungere questo Cadin anche per altra via, da Cimabanche ovvero per il Troi de Milezinque (vedi relazione). Traversiamo quindi il Cadin di Crodaccia, mirando alla sella dove le compatte lastre della Crodaccia Alta si incuneano dentro la marcia e rossastra roccia della Crodaccia (fig. 1). Le ripide ghiaie risultano piuttosto stabili e risaliamo sino alla base della Crodaccia, dove una modesta cengetta, che diparte da una rossa terrazza panoramica (fig. 2), ci consente un incedere più agevole verso il bicolore canale di risalita (fig. 3).

fig. 1 – Il Cadin di Crodaccia e la traiettoria da tenere
fig. 2 – La rossastra terrazza panoramica sovrastante il Cadin di Crodaccia
fig. 3 – Approdati sul canale di risalita “bicolor”: sulla destra, il marcio rossastro della Crodaccia e sulla sinistra la compatta roccia della Crodaccia alta

Appena approdati sulla solida roccia della Crodaccia Alta, ci attende una divertente progressione sui grigi e levigati lastroni che, con una pendenza di circa il 45%, si innestano letteralmente dentro la terrosa materia della Crodaccia (fig. 4). È davvero singolare che due montagne appartenenti allo stesso gruppo possano mutare così drasticamente geomorfologia, a così breve distanza (fig. 5)… ebbene, questa è la Croda Rossa!

fig. 4 – La progressione sui lastroni della Crodaccia Alta nei pressi della forcella tra Crodaccia Alta e Crodaccia
fig. 5 – Il lembo detritico e rossastro, spigolo estremo della Crodaccia, si “appoggia” morbido sulle solide grigie rocce della Crodaccia Alta

Procediamo con attenzione sui lastroni inclinati, sfruttando le generose fenditure che ci permettono di eseguire una divertente arrampicata (fino a II) (fig. 6 e 7), fino a che un settore dello spallone più gradonato smorza la pendenza e ci consente di tornare bipedi. Dalla Crodaccia, un camoscio ci osserva incuriosito… quante persone avrà mai visto su questo crinale!?! Intercettiamo anche un ometto, segnavia dell’itinerario di ascesa della Crodaccia Alta, e lo superiamo, tenendoci leggermente sulla destra, giungendo ora sulla sommità dello spallone, in un settore quasi pianeggiante (fig. 8). Nell’assoluto silenzio di questi luoghi inviolati, il nostro passaggio spaventa una lepre selvatica, che salta elegantemente tra le rocce: una vera e propria lepre montanara, a 2600 m di altitudine!!!

fig. 6 – La divertente progressione sui lastroni
fig. 7 – Sempre risalendo i lastroni
fig. 8 – Sulla sommità dello spallone che congiunge la Crodaccia Alta con la Crodaccia

Siamo ora finalmente in vista della cengia (fig. 9): la tanto agognata cengia N della Crodaccia Alta. È da un anno e mezzo che me la figuravo… me la immaginavo più stretta ed inclinata. È invece un cengione enorme (fig. 10), e nella prima sezione ospita addirittura due piccoli catini. Traversiamo quindi questa distesa lunare, pressoché pianeggiante, con grande fatica nell’incedere, camminando su grandi ed instabili rocce (fig. 11).

fig. 9 – Ecco la cengia nord della Crodaccia Alta
fig. 10 – Alla faccia della cengia 😉
fig. 11 – Camminare su questa superficie è un incubo!

Ci si dirige quindi alla base di uno sperone roccioso, là dove la cengia si restringe ed inizia a declinare verso il crinale de La Crodetta. Questo è il punto di attacco della nuova via “Valleferro-Ganeo”, a quota 2630 m ca, facilmente individuabile in quanto pochi metri a valle di una rientranza nella parete causata da un distacco di roccia (fig. 12). Il primo tiro ci porta a risalire il crinale dello sperone roccioso, su roccia marcia e terreno detritico, fino ad un robusto pinnacolo dove il primo di cordata può dare volta per assicurare sé stesso ed il secondo (fig. 13).

fig. 12 – L’attacco della via “Valleferro-Ganeo”, quota 2630 m, subito a valle della caratteristica rientranza nella parete
fig. 13 – Il primo tiro risale su rocce incerte fino ad un robusto pinnacolo

Il secondo tiro attacca la parete frontalmente e si sviluppa in verticale, per ca una ventina di metri (fig. 14). La roccia è ora compatta e sicura e l’arrampicata più aerea. Superata la parete, si giunge su una comoda cengia dove non mancano solide rocce sulle quali allestire una sosta (fig. 15) e dalla quale si può apprezzare nella sua interezza la cengia N di Crodaccia Alta poco prima percorsa (fig. 16).

fig. 14 – Il secondo tiro
fig. 15 – La comoda cengia dove allestire la sosta per il secondo tiro
fig. 16 – La grande cengia N di Crodaccia Alta. Si distingue la traccia che abbiamo lasciato con il nostro passaggio sul ghiaione vergine

Il terzo tiro da 30 m ci porta a spostarci verso destra, su una parete più poggiata e sempre di solida roccia (fig. 17 e 18), fino a raggiungere una ripida parete gradonata dalla quale già distinguiamo la stretta sella che andremo a raggiungere (fig. 19).

fig. 17 – Con il terzo tiro deviamo verso destra
fig. 18 – Gli ultimi metri del terzo tiro
fig. 19 – Dall’arrivo del terzo tiro, già notiamo la sella che andremo a raggiungere, sulla destra

Procediamo ora in conserva, traversando il costone della parete su mobili ghiaie (fig. 20), fino a raggiungere una selletta terrosa, con tanto di ometto (fig. 21). È questo verosimilmente il punto di arrivo della via descritta da Paolo Beltrame, citata in premessa.

fig. 20 – Il traverso procedendo in conserva
fig. 21 – La selletta terrosa con ometto, probabile punto d’arrivo dell’itinerario descritto da Paolo Beltrame

Gli ultimi metri di questa progressione in conserva sono i più delicati. Traversiamo la selletta e ci troviamo su una ripida ed insidiosa cengia detritica, in leggera discesa e completamente marcia (fig. 22). Con grande cautela, percorriamo la cengia, fino ad aggirare lo spigolo (fig. 23) e ci troviamo in un largo canale altrettanto marcio e dirupato.

fig. 22 – La cengia inclinata e detritica subito superata la selletta terrosa
fig. 23 – Con cautela, aggiriamo lo spigolo della cengia detritica

Inizia ora il quarto tiro di arrampicata, alpinisticamente il più impegnativo. Sull’opposto lato del canale detritico, individuiamo un intaglio nella roccia che risale la parete e decidiamo di seguirlo (fig. 24). Procedere all’interno dell’intaglio si rivela tuttavia presto poco saggio: il terreno è così marcio che ogni appiglio si sgretola ed il movimento della stessa corda genera piccole scariche. Più sicuro è invece progredire sul bordo sinistro dell’intaglio, che appare più affidabile. Mi apposto comunque dentro una sporgenza nella roccia ed Edoardo attacca la parete con estrema delicatezza, quasi camminasse sulle uova (fig. 25)! Ciò nonostante, dopo una decina di metri, una bella roccia rossastra si stacca dalla parete e si proietta nel cielo esattamente sulla traiettoria del mio volto; abbasso repentinamente la testa e mi insacco dentro la sporgenza che avevo scelto come riparo. Sento il sibilo della roccia che mi supera e non posso che ringraziarmi per essere sempre così pedantemente attento alla sicurezza e, nel caso di specie, alla regola che impone al secondo di avere un buon riparo, soprattutto quando è sulla stessa linea del primo 😉 A metà del quarto tiro, superato il primo intaglio, se ne apre un secondo. Il superamento di questo secondo intaglio rappresenta forse il passaggio più delicato dell’intera progressione; lo si affronta in opposizione, cercando di portarsi il prima possibile sulla parete di destra, che presenta appigli più sani.

fig. 24 – L’intaglio che scegliamo di risalire per il quarto tiro
fig. 25 – Edoardo attacca il quarto tiro, la sezione più delicata dell’intera ascesa

Ora la parete si fa più gradonata ed il quinto tiro si svolge su roccia nuovamente compatta, puntando leggermente a sinistra (fig. 26) fino a giungere ad una comoda cengetta pietrosa inclinata. La traversiamo in conserva fino a guadagnare un piccolo rilievo (2730 m) in cresta (fig. 27).

fig. 26 – Il quinto tiro si svolge su roccia gradonata
fig. 27 – La cengetta inclinata che conduce finalmente in cresta

Siamo sul fil di cresta, il panorama è maestoso, la giornata magnifica; finalmente si apre ai nostri occhi la Val Montesela (Ra Montejela), sovrastata dalla cima della Croda Rossa, 3146 m (fig. 28 e 29). La forcella dove saremmo voluti giungere si trova a ben 170 m in direzione E rispetto a dove ci troviamo (fig. 30)!!! Probabilmente, dopo il 3° tiro, avremmo dovuto deviare verso E ed in un solo tiro saremmo giunti in forcella. La parete, tuttavia, appariva particolarmente ripida su quel versante e ci saremmo verosimilmente trovati ad affrontare passaggi di V. L’itinerario di ascesa che abbiamo preferito è certamente più lungo (ca 280 m di sviluppo e 100 m D+) ma indubbiamente più sicuro, specialmente per il primo di cordata che si muove su una parete non attrezzata.

fig. 28 – Sul fil di cresta, 2730 m, con alle spalle il versante settentrionale di Malga Cavallo (Rossalm) e de La Crodetta
fig. 29 – In cima, con alle spalle la parete N della Croda Rossa e la sezione apicale della Val Montejela
fig. 30 – Rappresentazione grafica della via Valleferro-Ganeo

Dopo una brevissima pausa ristoratrice, iniziamo la discesa. Affrontiamo i primi cinque metri zig-zagando tra facili roccette (fig. 31) fino a giungere su uno spigolo che conduce ad un terrazzino aereo, circa cinque metri sopra un canale detritico che taglia la parete in diagonale. Affrontiamo questi cinque metri verticali disarrampicando (fig. 32) (e qui perdo i miei occhiali da vista ritirati dall’ottico esattamente il giorno precedente. Se qualcuno volesse tornare…….. ;-).

fig. 31 – La prima sezione in disarrampicata su facili roccette, poco a valle della cresta
fig. 32 – La discesa nel ripido canale che taglia la parete in diagonale

Percorriamo quindi il canale in conserva, badando di traversarlo, alla fine, portandosi sulla sinistra (perché il canale finisce nel vuoto!), approdando su una parete di sfasciumi, colorata di muschi e chiazze di timida erbetta (fig. 33).

fig. 33 – La discesa del canale, al cui sbocco bisogna tenersi a sinistra, sulle balze detritiche

Si continua la discesa, sempre in conserva e sempre mirando verso sinistra, disarrampicando su facili roccette (fig. 34 e 35)

fig. 34 – Si tiene la sinistra tra facili roccette
fig. 35 – Edoardo in disarrampicata su facili roccette

Si tratta ora di affrontare una ripida cengia detritica che taglia in diagonale la parete per una ventina di metri, sempre muovendo verso E. Allestiamo una sosta con un friend (fig. 36 e 37) e procediamo in disarrampicata per una quindicina di metri (fig. 38).

fig. 36 – La cengia detritica da percorrere in leggera discesa
fig. 37 – Il mio friend torna sempre utile!
fig. 38 – In disarrampicata sulla cengia inclinata

Ci si trova ora alle pendici di uno spigolo roccioso (fig. 39), che traversiamo alla base, mirando verso O, con un traverso molto delicato su roccia marcia, da superare con spaccata aerea sopra un canalino (fig. 40: il traverso indicato con freccia).

fig. 39 – Alla base dello spigolo roccioso da traversare verso O
fig. 40 – Il traverso alla base dello spigolo roccioso: in prossimità della freccia si supera con spaccata aerea un canale detritico

Siamo ora nel tratto finale, sopra uno stretto intaglio nella roccia marcia e friabile; si tratta di svolgere una calata di circa una ventina di metri dentro il canale che conduce finalmente sulle ghiaie alle pendici della Crodaccia Alta. Allestiamo una sosta su due solidi speroni rocciosi (abbandonato cordino e ghiera) (fig. 41) e scendiamo in disarrampicata dentro il canale che presenta il susseguirsi di tre gradoni alti un paio di metri ciascuno (fig. 42 e 43).

fig. 41 – La sosta allestita per la calata
fig. 42 – Il canale marcio che conduce al ghiaione alla base della Crodaccia Alta
fig. 43 – Il terzo ed ultimo gradone finale del canale che conduce al ghiaione

Il gioco è fatto 😉 Posiamo il piede sul ghiaione a quota 2708 m su un terreno squisitamente morbido, quasi la Croda Rossa avesse voluto premiarci per questa audace avventura esplorativa! Scendiamo quindi il ghiaione, tenendo la sinistra per evitare un evidente salto di roccia, su un comodo ghiaione dal fondo terroso che ammortizza il nostro stanco incedere (non durerà molto 🙁 ) (fig. 44). Nel piccolo catino alla base della Crodaccia Alta, corrispondente alla sezione apicale settentrionale della Val Montesela, in un luogo completamente inviolato, scorgo un oscuro pertugio che spicca nitido sulla luminosa parete (fig. 45). Mi fermo, titubante… per oggi è abbastanza, ma so che la curiosità tornerà a fare capolino nei prossimi anni!

fig. 44 – La piacevole discesa sul ghiaione nel lobo apicale settentrionale di Ra Montejela
fig. 45 – La grotta che si apre ai piedi della Crodaccia Alta, nel catino settentrionale della Val Montesela

La pendenza è ora diminuita e l’incedere sul ghiaione diventa particolarmente impegnativo, specie alla fine di una simile giornata. L’ambiente che ci circonda, tuttavia, ripaga ogni sforzo, e la maestosità dell’immenso ed imponente spazio incontaminato sovrasta ogni fatica, investe e riempie di silenziosa emozione.

fig. 46 – La Val Montesela (Ra Montejela)
fig. 47 – Le pareti a picco della Piccola Croda Rossa (Croda Rossa Pizora)
fig. 48 – La traiettoria di discesa, nel lobo settentrionale della Val Montesela e la prima fonte di acqua da Malga Stolla
fig. 49 – L’imbocco di Ra Montejela

Siamo ora giunti all’imbocco della Val Montesela e scegliamo di scendere a Malga Ra Stua per Ra Jeralbes, lungo il vecchio sentiero 0. Maggiori dettagli sulla via di discesa (anche, eventualmente, verso Lerosa) possono essere rinvenuti nella relazione “Esplorando Ra Montejela”.

Considerazioni finali

Probabilmente, questa è l’avventura esplorativa più impegnativa mai portata a termine. Non la più faticosa (la più faticosa è stata l’apertura della via “Cristallino Ovest“) né la più estrema quanto a esposizione (metterei al primo posto la traversata di Forcella Campale). È stata però la più lunga in ambiente sconosciuto, muovendosi nell’incertezza di essere sulla via corretta, nel dubbio che alla fine del tiro vi sia un altro possibile tiro o una liscia parete nel vuoto. È questa lunga permanenza in un ambiente vergine, su traiettorie mai solcate prima, che ha reso “impegnativa” l’esplorazione. Si aggiunga a ciò la variabile della roccia marcia, condizione ben nota quando ci si muove in Croda Rossa. È chiaro che una simile traversata, in ambiente tanto solitario e remoto, è rivolta ad un escursionista navigato, avvezzo ad avventurarsi in itinerari non segnalati né tantomeno attrezzati e, ovviamente, provvisto delle necessarie competenze tecniche ed attrezzature.

Anello e salita della Croda Le Bance

DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: EE

DISTANZA: 9 km – DURATA: 5.30 h – DSL: m 750 D+

DATA: 27 agosto 2023

Premesse

Quante volte ho fissato la Croda Le Bance! Tanto, nelle esplorazioni della Val Cristallino quanto nel faticoso andirivieni lungo l’omonima Val de Le Bance! Tuttavia, le sue dimensioni “contenute” e la sua modesta altitudine hanno contribuito a porre la Croda Le Bance (talvolta anche “Le Banche”) in fondo alle mie priorità e, tutt’oggi, riservo a questo rilievo una giornata di meteo incerto, nella quale sarà meglio essere di ritorno nelle prime ore del pomeriggio. Eppure, la Croda Le Bance non è solo un banale spartiacque tra le due citati valli. Sebbene sotto un profilo geomorfologico appaia in tutto e per tutto come l’appendice settentrionale del Cristallino di Misurina, la Croda Le Bance gode invece di una notorietà storica non meno rilevante rispetto alle più alte cime circostanti. Il versante orientale, in particolare, ha ospitato le linee del fronte italiano durante la Prima Guerra Mondiale e la traccia che andremo a percorrere oggi dovrebbe coincidere con la cengia percorsa dai soldati italiani per congiungere le postazioni di guerra collocate nella forcella che separa Val de Le Bance da Val Cristallino con gli avamposti più settentrionali. Quanto alla salita della Croda Le Bance non è, come per molte esplorazioni Windchili, un itinerario inedito. È certamente un’escursione selvaggia in ambiente remoto ma più ometti indicano la traccia da percorrere. Non solo; la vetta ospita addirittura un “libro di vetta”, o meglio un barattolo di plastica che contiene un umido blocco note, le cui prime compilazioni risalgono al 1997. Anche in letteratura, la salita della Croda Le Bance trova il suo spazio, seppure modesto. In primis, ne parla Luca Visentini, nel suo ormai introvabile “Gruppo del Cristallo”. Ne parla poi un articolo pubblicato su Le Dolomiti Bellunesi, a mano di Roberto Vecellio, intitolato “Esplorazioni in Val di Landro e in Val Popena”. Infine, l’amico Riccardo, compagno di questa avventura, ha già salito la cima nel 2015. Per rendere più originale l’impresa, quindi, abbiamo deciso di compiere il giro ad anello della Croda Le Bance, traversando la forcella che separa Val de Le Bance dalla Val Cristallino. Il transito di tale forcella, apparentemente non più praticato da decenni, doveva invece risultare parte dell’itinerario classico di salita della cima del Cristallino di Misurina, già da fine ottocento. La via di ascesa più semplice e logica, infatti, prima che i soldati solcassero le pareti che si affacciano sulla Val de Le Barache di comode cenge nel corso del primo conflitto mondiale, era la salita dalla Val Cristallino per poi “scavallare” nella parte sommitale della Val de Le Bance, transitando appunto per la forcella in questione. Nel 1879, W. Eckerth scriveva

«chi vuol salire in vetta al Cristallino ha a disposizione due vie che dapprima portano insieme, su per la Val Cristallino, ad una sella profondamente incassata nella dorsale principale del Cristallino, fra il “Kofl” (ndr: Cima Le Bance) che costituisce l’ultimo rilievo a nord di questa dorsale e la cima Cristallino. All’inizio estate, di solito, si scavalca questa sella e si preferisce continuare per la Val Banche che in questa stagione, per lo più, è ancora piena di neve; a metà estate e in autunno, invece, quando la Val Banche è ormai senza neve fino in alto e perciò difficile da percorrere, si sale in cima direttamente dalla sella per il ripido versante nord delle rocce sommitali».

W. Eckerth, Il Gruppo del Monte Cristallo, 1891, Ed. La Cooperativa di Cortina, 1989

E pure Ugo di Vallepiana:

«Dall’inizio della Val Fonda, piegare a S e per cespugli portarsi nella Val Cristallina, risalirla raggiungendo una profonda insellatura aprentesi nella cresta N del Monte Cristallino».

Ugo di Vallepiana, Dolomiti di Cortina d’Ampezzo dal Cristallo per le Tofane alla Croda da Lago, Guide del CAI, pag. 17, 1925.

Oggi la situazione appare ben mutata: la Val Cristallino è divenuta una valle chiusa, totalmente selvaggia, sui cui ghiaioni non si può ormai scorgere alcuna traccia se non qualche vago e raro segno nella sezione basale, sul versante idrografico sinistro. La Val de Le Bance, di contro, appare ben solcata da innumerevoli tracce, ben distinte, ed il suo attraversamento rappresenta di certo la seconda soluzione di ascesa del Cristallino di Misurina, dopo la salita per la Val de Le Barache.

Relazione dell’itinerario

Abbandonata l’auto nei pressi della curva di ingresso alla Val Popena, si imbocca il sentiero CAI n. 222 e lo si segue per pochi minuti. Si giunge in una piccola radura prativa, ove sulla destra si inserisce, distintamente, una traccia (fig. 1). La si imbocca, piegando verso O, ed in breve ci si imbatte in un inaspettato cartello di fresca foggia che indica, sulla destra, la Croda de Le Bance. Siamo sorpresi… non era una cima remota e poco frequentata? Chi ha infisso questi cartelli? Un po’ sbigottiti, percorriamo la traccia in mezzo al bosco, fino a giungere ad un nuovo cartello che, sulla sinistra, segnala nuovamente la deviazione per la Croda de Le Bance (fig. 2). Una cosa è certa: oggi non ci perderemo!

fig. 1 – Riccardo imbocca la traccia che, ben distinta, si inserisce nel sentiero CAI n. 222
fig. 2 – Il secondo “cartellone” che ci indica la via, sulla sinistra.

Si sale ora, apparentemente all’interno del solco di una trincea, e si prende quota fino ad uscire dal bosco e trovarsi nella Val de Le Bance. La traccia è sempre piuttosto chiara e si guadagna ulteriormente quota, sul versante idrografico destro della valle, incedendo ora sulle ghiaie, fino a superare la quota apicale della macchia di baranci che colora il centro della sezione di base della Val de Le Bance. Si traversa quindi la valle, spostandosi sul versante orografico sinistro, alla base della Croda de Le Bance. A questo punto, si può scegliere di attaccare subito il ripido canale di ghiaie che scende subito a S della Croda Le Bance oppure, come pare consigliabile, guadagnare ulteriormente quota procedendo tra baranci e comode radure prative, sulla sinistra del ghiaione, per poi traversarlo e giungere alla parete della Croda Le Bance, da cui dipartono più cenge (fig. 3). Qui è facile sbagliare; la cengia corretta è quella più bassa di quota, che presenta continuità di sviluppo… ciò lo si può intuire solo percorrendo i primi metri di cengia.

fig. 3 – La Croda Le Bance e la più semplice traiettoria di avvicinamento alla cengia

La cengia taglia l’intera parete della Croda Le Bance verso N, talvolta restringendosi, alternando passaggi tra mughi con brevi traversamenti di modesti impluvi e facili paretine (fig. 4, 5, 6, 7, 8). In ogni caso, l’incedere risulta piacevole e sereno; sebbene alcuni passaggi richiedano piede fermo e sicuro, non v’è mai la percezione d’essere esposti. Sullo sfondo, le Tre Cime di Lavaredo sorvegliano la nostra avventura.

fig. 4 – L’inizio della cengia
fig. 5 – Riccardo nei primi metri di cengia
fig. 6 – Il solo passaggio leggermente esposto
fig. 7 – Il sottoscritto affronta i pochi metri di paretina leggermente esposti
fig. 8 – Sempre sull’unico breve passaggio in esposizione

Si abbandona quindi la cengia e la traccia si spiega su una più morbida dorsale di radi mughi e conifere (fig. 9), per poi tagliare un piccolo impluvio ghiaioso e svolgere una curva netta tra gli alberi che ci riporta, poco più a monte, dentro il canale detritico traversato prima più a valle.

fig. 9 – La traccia abbandona le pendici rocciose della Croda Le Bance per svolgere una curva netta in una dorsale boschiva

Ora l’itinerario si fa più aereo: il canale sale, a tratti verticalmente, e si superano facili roccette con passaggi di I grado. L’arrampicata è divertente, la roccia generosa d’appigli (fig. 10, 11, 12, 13).

fig. 10 – La salita del canalino
fig. 11 – Riccardo nell’uscita dal canale
fig. 12 – Il secondo canalino
fig. 13 – Gli ultimi metri di uscita dal canale

Di lì a breve, il canale sbuca su un pianoro erboso, dorsale sommitale della Croda Le Bance. La percorriamo agevolmente (fig. 14), con panorama mozzafiato sul Cristallino di Misurina e sulla sottostante Val Cristallino, fino a giungere in vetta (fig. 15). A pochi metri dalla vetta, sotto un ometto di pietre (fig. 16), troviamo il “libro di vetta”, consistente in un barattolo di plastica contenente un blocco note. Non risultano visite annotate per l’anno in corso. In compenso, la memoria del libro di vetta risale fino al 1997, a testimonianza di quanto poco frequentata sia questa cima. Dalla posizione privilegiata in cui ci troviamo, possiamo vantare una nitida visione sulla parete N del Cristallino di Misurina, ed apprezzare i profili della Cengia Raule, già percorsa l’anno scorso (relazione itinerario) nonché stupirci per la ripidità del canale che conduce in Forcella Cristallino, raggiunta un paio d’anni fa (relazione dell’itinerario).

fig. 14 – La piacevole camminata lungo la dorsale che conduce in vetta
fig. 15 – In cima a Croda Le Bance, 2319m
fig. 16 – A pochi metri dalla cima, l’ometto dentro il quale giace il libro di vetta

La discesa si svolge lungo il medesimo itinerario di salita, ridiscendendo il canalino (fig. 17) e ripercorrendo la cengia basale.

fig. 17 – Immettendosi in discesa nel canalino

Terminata la cengia, invece di scendere in Val de Le Bance, decidiamo di scavalcare la sella che separa la Croda Le Bance dal Cristallino di Misurina per scendere in Val Cristallino; rimontiamo quindi il canalone detritico a S della Croda Le Bance, su ghiaie particolarmente mobili ed insidiose (fig. 18). Un luogo dove non sostare troppo, apparentemente soggetto a scariche dalla friabile parete S, a picco, della Croda Le Bance.

fig. 18 – Dentro il canale detritico che conduce nella sella tra Cristallino di Misurina e Croda Le Bance

Completiamo la salita del canale e giungiamo ai piedi di un torrione, il Campanile Padre Pio (2260m), ove sono evidenti i resti di un baraccamento militare: il perimetro è delimitato da pietre; a terra giacciono due lunghi cilindri arrugginiti, antichi camini di stufe da campo; decine di caricatori di fucile sono sparsi a terra (fig. 19), insieme ad altrettanti lunghi chiodi e ad un secchio (fig. 20). Doveva essere una postazione privilegiata durante la guerra, al riparo del massiccio torrione roccioso, sicuro baluardo a protezione dei tiri dei pezzi austriaci collocati sul vicino Rauchkofel. Tra il Campanile Padre Pio e la Croda Le Bance, un piccola sella si affaccia sul Campanile Molin, la cui via di salita (VI grado) fu aperta nel luglio 1968 dal compianto e celebre Alziro Molin (fig. 21).

fig. 19 – I caricatori rinvenuti sul pianerottolo ai piedi del Campanile Padre Pio, ospitante una baracca militare italiana durante la prima guerra mondiale.
fig. 20 – La postazione militare ai piedi del Campanile Padre Pio
fig. 21 – Il Campanile Molin

Il nostro itinerario, tuttavia, ci porta nella direzione opposta, continuando ad esplorare la sella a S del Campanile Padre Pio, muovendo in direzione del Cristallino di Misurina. Magnifica la vista del Campanile Padre Pio e della Croda Bance dalla dorsale su cui ci stiamo muovendo! (fig. 22).

fig. 22 – Sulla sinistra, il Campanile Padre Pio. Dietro, a destra, il versante meridionale della Croda Le Bance

Saliamo per poche decine di metri un pendio erboso e ci troviamo su un terrazzo di roccia aereo che si affaccia su una sottostante sella (fig. 23), prosecuzione della cresta che collega il Cristallino di Misurina con la Croda Le Bance. Tenendo la destra, scendiamo per una comoda forcelletta sulla nuova sella (fig. 24). Evitiamo di scendere verso la Val Cristallino imboccando il primo ripido ed insidioso canale detritico e preferiamo spostarci verso il centro della sella, perdendo quota su più stabili e sicure zolle erbose (fig. 25).

fig. 23 – Giunti sul pulpito, scendiamo sulla destra in una nuova sella, più bassa
fig. 24 Nella selletta sottostante
fig. 25 – La discesa tra zolle d’erba e ghiaie nella Val Cristallino

Siamo giunti nella tanto amata Val Cristallino e l’itinerario potrebbe dirsi concluso, imboccando la traccia che, inserendosi sul greto del rio (asciutto/sotterraneo) dal versante idrografico destro, ci riporta sul sentiero che poi conduce all’ingresso della Val Popena (vedi itinerario già percorso in occasione di questa discesa). Il tempo tuttavia sembra reggere e ci prendiamo la soddisfazione di toglierci uno sfizio: visitare quelle grotte/resti di baraccamento che si notano distintamente sul rilievo che divide la Val Cristallino dalla Val Fonda. Trattasi di un certo numero di grotte e/o rientranze scavate nella roccia (fig. 16), in prossimità di una stretta gola (fig. 27) situata poche decine di metri a monte di altrettanti resti di baraccamenti (è ancora evidente la spianata, artificiale, ove sorgevano). Riccardo riesce a intrufolarsi nelle due grotte collocate all’altezza della forcella sopra alla gola (fig. 28); trattasi di grotte senza sviluppo. A quanto si può evincere dai fori sulla parete, sono tunnel probabilmente iniziati e mai più portati a termine (fig. 29).

fig. 26 – La rientranza collocata pochi sotto l’imbocco della stretta gola
fig. 27 – La ripida gola che conduce alle grotte dal versante orografico sinistro della Val Cristallino
fig. 28 – Le due grotte viste dalla forcelletta a monte della gola
fig. 29 – Pochi metri dentro alla grotta, i fori del martello pneumatico sulla parete

Saziata l’avidità di conoscenza, possiamo ora dirci appagati e scendere sulla via del ritorno!