Da Tagnag a Dzongla, traversando il Cho La

DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: EEA (a seconda dello stato di innevamento del ghiacciaio, possono essere necessari i ramponi)
DURATA: 8/10h – DSL: 960m+

DATA: 18 aprile 2012

PREMESSE

Il c.d. “trekking dei tre passi” è una soluzione un po’ più avventurosa, lunga ed impegnativa rispetto al classico trekking che conduce da Lukla all’Everest Base Camp. Di fatto, il trekking implica un’importante deviazione, a partire da Namche Bazar e fino a ricongiungersi sulla via “principale” a Lobuche. Tale deviazione prevede l’attraversamento di due passi: il Renjo La (5360m) ed il Cho La (5420m). Il primo passo è relativamente facile. Il Cho La, invece, richiede un minimo di esperienza, atteso che prevede l’attraversamento di un ghiacciaio e che la salita da Tagnag si svolge su massi spesso instabili e ghiacciati. Si consideri, inoltre, che abbandonata Namche Bazar e presa la “deviazione” verso NO, fino a ricongiungersi a Lobuche, il numero di trekker si riduce esponenzialmente, fatta salva l’elevata frequentazione di Gokyo. Non è quindi scontato camminare più ore senza incontrare anima viva, specialmente nel tratto compreso tra Gokyo e Dzongla. In ultima, pare che negli ultimi anni l’attraverso del Cho La sia diventato leggermente più impegnativo per due ragioni: la prima, tecnica, poiché sembrerebbe che il ghiacciaio sia diventato di più difficile percorrenza (ma è risaputo che la situazione è di anno in anno estremamente mutevole, come per ogni ghiacciaio, a causa dello stato di innevamento); la seconda, psicologica, poiché aumentano le voci di persone disperse o morte nell’attraversamento del Cho La. Ciò premesso, a mio modesto parere, un alpinista mediamente esperto non dovrebbe riscontrare alcuna difficoltà tecnica nell’attraversamento del Cho La. Ritengo a proposito che la temibile aurea che il Cho La si è guadagnato negli anni sia prevalentemente dovuta alla sua frequentazione da parte di trekker non allenati o, comunque, privi della minima esperienza alpinistica. Trekker che, nel percorrere la via principale che conduce all’Everest Base Camp, si sono fatti tentare dal deviare, all’altezza di Khumjung, verso Gokyo e, lì giunti, piuttosto che scendere nuovamente a Khumjung, hanno ritenuto più agevole “tagliare” per il Cho La, fino a Lobuche. 

DESCRIZIONE DELL’ITINERARIO

Dragnag (o Tagnag o Thagnak o Tarnak) è un minuscolo villaggio di quattro/cinque case, che sorge sul margine orientale del ghiacciaio Ngozumpa, a 4700m. Da qui, procedendo in direzione NE, si sale al Cho La. Per la prima (e fino ad oggi unica) volta nella mia vita, mi avvalgo fino al raggiungimento del Cho La di una guida/portatore. Tutti mi hanno consigliato in tal senso. “La via è difficile”, mi si dice. Inoltre, sono solo, ed il percorso è descritto come il più pericoloso del trekking dei tre passi. Ammetto che mi sento un po’ in colpa; ho sempre pensato che, ad eccezione delle spedizioni di mesi in autosufficienza, chi come me prevede di mangiare ogni sera presso un lodge debba portarsi il suo zaino sulle spalle fino alla fine. Tuttavia, sono intimorito. Non so cosa mi aspetta e preferisco seguire il consiglio del padrone della guest house dove alloggio a Tagnag. Il portatore è un ragazzino, avrà indicativamente 15/16 anni, e si presenta alle 5 di mattina, puntuale, al lodge. Insiste nel volere indossare subito il mio zaino, che supera i 18kg. Il mio senso di colpa, vista la sua giovane età, si acuisce, e decido di dargli solo il mio zainetto da trail running con 2/3kg di materiale, tenendomi in groppa il pesante zaino. Leggo nei suoi occhi il disappunto ma rifiuto fermamente i suoi ripetuti gesti per prendersi lo zaino, spiegandogli che mi serve una guida, non un portatore. Ci incamminiamo che è ancora buio ed il suolo è gelato ma, in breve, spunta dalle vette in fronte a noi un sole spettacolare. La giornata sembra ideale per la missione che ci attende.

fig. 1. Il magnifico cielo terso alle nostre spalle e le vette di sfondo: la più alta, sulla destra, è il Kyajori, 6153m.
fig. 2. Il valico del Cho La, 5420m, appare ora ben visibile.
fig. 3. La mia guida, ed il panorama verso N, con vista sul Kangchung, 6067m ed in lontananza (più a destra) l’Hungchi, 7036m, al confine tra Nepal e Cina.

Traversata una breve vallata con modesti saliscendi, chiamata Nimagurogoth, si giunge ai piedi della ripida salita che conduce al Cho La. La progressione non è semplice: i massi sono infatti spesso mobili e coperti da una sottile spolverata di neve caduta durante la notte. Verso i 5200m, il mio giovane amico vede il mio fiatone ed insiste nuovamente per prendere lo zaino. Questa volta cedo alla tentazione e facciamo scambio: io mi prendo il minuscolo zaino da trail running e lui indossa il pesante zainone da trekking.

fig. 4. Si sale a fatica tra grandi massi instabili.
fig. 5. Verso N, le nuvole si modellano, velocissime, alle spalle del Kangchung, 6067m. Verso O (a sinistra), si erge il Cholo, 6040m.
fig. 6. Guardando a valle, si intuisce la difficoltà della salita a causa del terreno continuamente cedevole.
fig. 7. A quota 5400, il passo Cho La è ormai a portata di mano.

Finalmente, dopo non poca fatica e con il cuore a mille, il passo è conquistato! Il mio giovane amico non sembra provato dalla salita. Si toglie lo zaino, lo pago, ci salutiamo cordialmente e torna subito a valle, dove un nuovo gruppo di escursionisti probabilmente lo sta attendendo per affrontare la medesima salita. Ammetto che il suo aiuto è stato determinante. Sia per l’orientamento (scegliere la migliore via nella salita al Cho La non è proprio così scontato) sia per avermi tolto quei 18 fastidiosi kg dalle spalle.

fig. 8. Cho La, 5420m. Sullo sfondo, da sinistra a destra: Kathang, 6776m; Numbur, 6858m; Thyangmoch, 6446m; Panyio Tapa, 6604m; Kyajori, 6153m; Macchermo Peak, 6042m.
Fig. 9. Autoscatto sul passo!

Riposato, riprendo il cammino. La via è abbastanza evidente: si tratta di attraversare il ghiacciaio del Cho La in direzione E, in leggera discesa. La traccia sul ghiacciaio è percorsa già da alcuni portatori. Alcune guide parlano di crepacci ma non dovrebbero esserci ostacoli di sorta lungo la traccia ripetutamente calpestata dagli sherpa.

fig. 10. Il ghiacciaio che si estende a E del Cho La.
fig. 11. Portatori sul ghiacciaio del Cho La.
fig. 12. Particolare della maestosa seraccata a N del ghiacciaio del Cho La. Sullo sfondo, la bianca vetta del Nirekha, 6153m.
fig. 13. Si distingue chiaramente lo spessore del ghiaccio vivo del margine S del ghiacciaio.

L’attraversamento del ghiacciaio è agevole. La neve caduta la notte è un po’ marcia ma, sotto, la traccia è ben compatta. Incrocio alcuni sherpa e non posso non sentirmi insignificante rispetto allo sforzo che questi compiono. Alcuni non portano gli occhiali, e si riparano gli occhi dal riverbero accecante con le mani. Alcuni indossano scarpe da ginnastica. Quanto al peso che portano in spalla, non saprei quantificarlo, ma sicuramente arriva ad essere almeno il triplo dei miei miseri 18kg. Questi sono i veri protagonisti dell’Himalaya.

fig. 14. Sherpa sul ghiacciaio Cho La.

Superata agevolmente la fronte del ghiacciaio, il sentiero devia ora verso SE, costeggiando ripidamente la parete rocciosa. Il panorama che si apre è magnifico: l’Ama Dablam, 6812m, domina il paesaggio in fronte a me, svettando tra le vette himalayane.

fig. 15. Ama Dablam, 6812m.
fig. 16. In direzione S, il maestoso Arakam Tse, 6372.

Di lì a breve si giunge al minuscolo villaggio di Dzongla camminando su terreno prativo, da cui è poi possibile proseguire poi fino a Lobuche.

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