Traversata della cengia nord del Cristallino di Misurina: la “cengia Raule”

DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: EEA. Cengia “Raule”: PD-, con unico passaggio esposto di II grado, che richiede assicurazione e passo sicuro.

DISTANZA: 17,8km – DURATA: 8.20 h – DSL: 1300 m D+

DATA: 18 giugno 2022

PREMESSE

Con questa traversata andiamo a completare tutte le possibili interpretazioni di itinerario (note) nel massiccio centrale del Cristallino di Misurina. Lo spunto viene dall’amico Riccardo, anch’egli appassionato esploratore di nuove vie e di antiche tracce dimenticate. A sua volta, Riccardo ha seguito le orme di Vittorino Mason che, in memoria di un amico perito in montagna, ha nominato tale cengia “Raule”, descrivendone per la prima volta l’itinerario nel “Libro delle Cenge, 56 vie orizzontali nelle Dolomiti”, datato 2013. Successivamente, la cengia Raule è stata percorsa e descritta da Fabio Cammelli, nel numero di Le Alpi Venete, primavera/estate 2020. Hanno raccolto l’invito ad esplorare questa cengia sconosciuta gli amici Paolo ed Edoardo.

RELAZIONE DELL’ITINERARIO

Lasciata l’auto nei pressi del Ponte de la Marogna, si traversa il greto verso SE fino a risalirne la sponda ed imboccare una debole traccia parzialmente coperta dalla florida vegetazione. Si cammina pochi minuti nel bosco per poi entrare in una radura costituita da una lingua franosa (bolli su alberi e rocce); la si traversa in diagonale e si rimonta per una nitida traccia nel bosco che subito prende quota. In pochi minuti si giunge alla postazione militare con lapide commemorativa della prima guerra mondiale (fig. 1) (per questo primo tratto, vedasi anche la relazione della salita alla forcella Cristallino).

fig. 1 La lapide commemorativa

Si aggira sulla sinistra la lapide e si segue la traccia, badando di non farsi tentare dal proseguire nel corso delle innumerevoli trincee che tagliano il bosco. In questo tratto, la traccia si snoda all’incirca presso la sponda orografica destra del rio che proviene dalla Val Cristallino; si ode il gentile fragore delle cascatelle, senza però mai vederne il corso. Nel giro di pochi minuti si giunge ad un punto chiave: la traccia entra perpendicolare nel solco di una trincea, ai piedi di una ripida collinetta. L’intuito suggerirebbe di procedere a destra, ove la trincea appare più aperta e di facile percorribilità; al contrario, la traccia prosegue a sinistra: un grosso masso sul sentiero reca un bollo scolorito che indica e conferma la via. Di lì a breve il sentiero diventa sempre più evidente ed aperto, fino a procedere in falsopiano. Si procede quindi in direzione del ponte di Val Popena Alta. Secondo la cartografia Tabacco, si tratterebbe ora di imboccare un traccia che si innesta perpendicolarmente, a monte, in corrispondenza di un rio che taglia la traccia principale. Il rio appare asciutto e consiste in una lingua franosa che si appoggia timidamente al sentiero. Noi abbiamo scelto di risalire nel bosco ma la traccia riportata dalla Tabacco non la abbiamo mai incrociata. Dopo una ventina di minuti di salita, invece, ci troviamo finalmente su un sentiero che sembra un’autostrada, con tanto di ometti, proveniente da SE… dovrebbe trattarsi della traccia più alta che collega l’imbocco della Val Popena Alta, nei pressi del sentiero 222, con la Val de le Bance… resta fermo il fatto che in pochi minuti questo nuovo sentierone ci porta sul versante orografico destro della deserta Val de le Bance (fig. 2).

fig. 2 Il sentierone che ci porta all’imbocco della Val de le Bance

Entrati in val de le Bance, si comincia a risalire il ghiaione, dapprima tenendosi sul versante orografico destro, per poi tagliare nettamente in diagonale la valle portandosi sull’opposto versante orografico (fig. 3), ai piedi della strozzatura tra la Croda de le Bance e lo sperone settentrionale della Croda Mosca, ove idealmente dovrebbe scorrere il rio che solca la valle (fig. 4)… pensare che esattamente 143 anni fa W. Eckerth saliva questa valle insieme a Michel Innerkofler, descrivendo il rumoreggiare della cascata all’interno della forra. Giunti alla base della strozzatura, si consiglia di non imboccare direttamente il greto del rio ma di salire con facile arrampicata sulle rocce alla base della parete sul versante orografico destro. Ciò permette di superare un paio di non agevoli piccoli salti di roccia.

fig. 3 La vista insolita delle Tre Cime di Lavaredo dal bacino inferiore della val de le Bance. Evidenziata in rosso la traccia che traversa dal versante orografico destro al versante orografico sinistro.
fig. 4 La via per entrare nella parte centrale della val de le Bance.

Si sale quindi lungo i gradoni rocciosi sulla sponda orografica destra del rio (fig. 5), fino ad intravedere un ometto sul versante opposto, che ci indica l’obbligo di traversare il rio e risalire ai piedi della Croda Mosca (fig. 6). Scrivo “obbligo”, non a caso; procedendo, infatti, lungo il solco del rio, ci si imbatte in un salto di roccia alto poco più di un paio di metri il cui superamento in salita richiede abilità d’arrampicatore non scontate (vedasi il superamento di tale salto in discesa in fig. 33, 34 e 35 in occasione della discesa di val de le Bance il 30 ottobre 2021).

fig. 5 La salita dei gradoni nell’inizio della parte centrale della val de le Bance
fig. 6 Un ometto ai piedi della Croda Mosca indica la necessità di traversare sul versante orografico opposto e risalire ai piedi della parete dell’omonima croda.

Più si sale più la val de le Bance assume le sembianze di una brulla gola il cui fondo instabile rallenta la salita (fig. 7). Scriveva W. Eckerth nel 1879 sulla valle de le Bance che, “chiusa ai lati dalle ripide pareti delle dorsali del Cristallino, essa si restringe in forma di gola nella parte superiore restando illuminata dal sole per breve tempo soltanto intorno a mezzogiorno“. La salita si svolge ora a ridosso della parete della Croda Mosca (fig. 8), fino a quando risulta più saggio spostarsi sul versante orografico opposto con facile arrampicata, per approdare su una comoda cengia che permette di proseguire evitando le mobili ghiaie del centro valle (fig. 9). Percorrendo la cengia, superando agevolmente qualche semplice salto di roccia e sempre tenendosi sul versante orografico sinistro della valle, si supera finalmente l’impervia strozzatura e si entra nella parte apicale della Val de le Bance, decisamente più amena e gradevole (fig. 10).

fig. 7 Edoardo, nella parte centrale della val de le Bance
fig. 8 Paolo avanza ai piedi della Croda Mosca
fig. 9 Per raggiungere la strozzatura apicale della val de le Bance è consigliabile spostarsi sul versante orografico sinistro dove una cengia permette di salire più comodamente.
fig. 10 La parte apicale della Val de le Bance.

La tentazione di risalire questo magnifico nuovo ambiente è forte ma non è questa la via da seguire oggi; si devono salire, invece, le facili roccette che si ergono sulla destra (sinistra orografica), fino ad approdare ad un largo e pianeggiante crinale che separa la val de le Bance da un’ampia conca che poi degrada per ripidi pendii in val Cristallino (fig. 11). Tale postazione ci offre a settentrione un panorama senza pari, con insolita prospettiva delle Tre Cime di Lavaredo (fig. 12). Si scorge nitidamente, inoltre, la cengia Raule che taglia la parete giallastra del Cristallino di Misurina (fig. 13).

fig. 11 L’ampio crinale che separa la val de le Bance dalla val Cristallino
fig. 12 Le Tre Cime di Lavaredo
fig. 13 La cengia Raule sul versante orientale del Cristallino di Misurina

È ora opportuno mettersi in sicurezza: per raggiungere la cengia, infatti, si arrampica con facili passaggi di I° ma con una certa esposizione sulla conca sottostante (fig. 14).

fig. 14 L’itinerario scelto per appropinquarsi alla cengia Raule.

In pochi minuti, giungiamo in cengia, ai piedi della parete. Il versante orientale della cengia Raule non è proprio quanto di più comodo si possa immaginare. La cengia è stretta, in leggera discesa; la parete che si erge sopra di noi ci spinge in fuori e l’esposizione sulla conca sottostante gioca il suo fattore psicologico (fig. 15). Progrediamo, legati in conserva corta, transitando in un paio d’occasioni carponi per mantenerci il più possibile aderenti alla parete (fig. 16 e 17), fino a raggiungere lo sperone settentrionale della cengia, che finalmente si apre in un comodo balcone di ghiaia (fig. 18). Funge da ometto un pesante fondello di proiettile della prima guerra (fig. 19).

fig. 15 Il versante orientale della cengia Raule
fig. 16 Finalmente una foto tutti e tre insieme sulla cengia Raule 😉
fig. 17 Spesso ci troviamo costretti ad incunearci sotto la volta della parete per riuscire a progredire
fig. 18 Lo sperone settentrionale della cengia Raule
fig. 19 Il fondello di una granata della prima guerra mondiale.

Una volta aggirato lo sperone settentrionale della cengia Raule, affacciandosi sulla val Cristallino, la cengia prosegue, ampia ed in leggera salita, lungo la parete occidentale del Cristallino, in direzione dell’omonima forcella bipartita (fig. 20).

fig. 20 La cengia Raule sul versante occidentale, affacciata sulla val Cristallino

La progressione non presenta difficoltà alcuna, fino ad un repentino restringimento della cengia, con successiva interruzione della medesima nel vuoto. A distanza di poco meno di un metro, la cengia ricomincia, franosa. Sappiamo che sull’altra sponda dovrebbe trovarsi un vecchio chiodo… si tratta però di arrivarci sull’altra sponda! Ed ecco qui il deus ex machina, Edoardo! Con ferma precisione e sangue freddo, traversa in spaccata il baratro ed arrampica agevolmente sulla sponda franata della cengia. In pochi secondi individua il chiodo ed assicura noi tutti (fig. 21)! Sotto un profilo tecnico, il passaggio non risulta difficile: si tratta di effettuare una spaccata con piede su comodo appoggio per poi scendere di poco meno di un metro su più ampi appoggi per i piedi e di lì rimontare la cengia.

fig. 21 Edoardo rimonta sul lato opposto della cengia Raule

Una volta assicurati, Paolo approccia il salto (fig. 22) ed infine è il turno del sottoscritto che chiude la cordata (fig. 23).

fig. 23 Paolo affronta gli ultimi passi lungo la cengia prima del salto.
fig. 23 Io che attraverso il salto

Il passaggio chiave indicato è collocato circa a metà della cengia Raule. Superatolo, la cengia torna ad essere agevolmente percorribile, spesso ampia (fig. 24), talvolta richiedendo il superamento di brevi ripidi tratti dal fondo friabile (fig. 25) ovvero piccoli nevai (fig. 26 e 27).

fig. 24 La cengia Raule torna ad essere ampia ed agevolmente percorribile
fig. 25 Nella parte finale, la cengia Raule presenta qualche breve tratto dal fondo friabile ove risulta opportuno procedere con cautela
fig. 26 Paolo ed Edoardo percorrono gli ultimi tratti della cengia Raule
fig. 27 Vari nevai coprono il tracciato della cengia

La cengia Raule volge ormai al termine, conducendo nella parte apicale del canalone orientale che sovrasta la val Cristallino. Si supera un breve ripido tratto (fig. 28) che conduce sulle nevi del canalone e qui comincia una divertente discesa sulla morbida neve, che quasi inviterebbe alla corsa 😉 (fig. 29).

fig. 28 il ripido e franoso passaggio che conduce nel cuore del canalone bipartito orientale della val Cristallino
fig. 29 e giù per il canalone innevato!!!

La discesa lungo la val Cristallino quasi ci permette di sciare, per brevi momenti, sul mobile fondo del ghiaione. La val Cristallino è una miniera di reperti bellici. Resti di granate e residuati sono disseminati in ogni dove tra le ghiaie, confermando ancora una volta quanto avevamo riscontrato nell’avventura del 30 ottobre 2021: la val Cristallino è una valle inaccessibile e completamente deserta, non frequentata da anima viva. Le distanze sembravano più corte… ci impieghiamo un’eternità a percorrere tutta la lunghezza della valle (fig. 30) fino ad immetterci nel greto del rio che raccoglie le acque di fusione dell’intera valle. Scendiamo lungo il solco dissestato del rio, che presto diventa asciutto, fino a raggiungere un grande masso con dei sassi posti sopra a mo’ di ometto (fig. 31): tale segnale preannuncia un sentiero che, pochi metri a valle, si dirama sulla destra per inoltrarsi tra i baranci (fig. 32), conducendo in breve all’ampia traccia percorsa all’andata in direzione della val Popena Alta. Appena montati su tale traccia, sarà opportuno deviare a sinistra giungendo in breve alla lapide commemorativa e, quindi, al ponte de la Marogna.

fig. 30 La val Cristallino nella sua immensa estensione
fig. 31 I sassi posti sopra la roccia indicano la necessità di inoltrarsi tra i baranci ove presto si intravede il sentiero che conduce a valle
fig. 32 Il sentiero permette di tagliare facilmente tutto il pendio coperto di baranci

Anello del Cristallino di Misurina, traversando la Val Cristallino e la Val de Le Bance (con apertura della nuova via “Cristallino Ovest”!)

DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: EEA+. Da Forcella Cristallino alla spalla meridionale del Cristallino di Misurina: AD-

Traversata alpinistica lunga e fisicamente molto impegnativa. Da forcella Cristallino alla spalla meridionale del Cristallino di Misurina, necessità di alternare progressione in conserva con soste da allestire con chiodi, affrontando passaggi fino a III+ (non v’è presenza di spit).


DISTANZA: ca 20 Km – DURATA: 11 h – DSL: 1434 m D+

DATA: 30 ottobre 2021

PREMESSE

Chiudiamo la stagione “estiva” con l’itinerario più esplorativo e, sicuramente, più difficile dell’anno: la traversata della Val Cristallino, fino a forcella Cristallino, per poi raggiungere la spalla meridionale del Cristallino di Misurina aprendo una nuova via che, per temporanea assenza di estro poetico chiamiamo “Cristallino Ovest”. Dalla cima del Cristallino di Misurina, discesa per la via normale, aperta da Paul Grohmann e l’albergatore di Carbonín Georg Ploner il 16 agosto 1864, fino alla Forcella de Le Bance. Dalla forcella, traversata in discesa della Val de Le Bance e chiusura dell’anello. Un’avventura fisicamente molto impegnativa, anche perché per il 95% del giro si cammina sempre fuori sentiero, su fondo impervio, con pendenze spesso sostenute, specie nella discesa verso S da Forcella Cristallino. Un itinerario che richiede necessariamente l’uso della corda e di quanto necessario per approntare le opportune soste (chiodi da fessura e blocchi da incastro). Giunti in Forcella Cristallino, qualora non si gradisse affrontare la via “Cristallino Ovest”, è possibile scendere fino alla confluenza con il canalone che scende da Forcella Michele; se da un lato si evita l’arrampicata in salita, dall’altro non ci si può però esimere dalla disarrampicata in discesa della seconda metà inferiore del ripido e dirupato canale che scende da Forcella Cristallino. La salita del canalone che scende da Forcella Michele è invece più agevole, nonostante sia necessario affrontare un salto di roccia alto circa quattro metri, in corrispondenza della strettoia tra la parete S del Cristallino di Misurina e la parete N della dorsale di Popena (per maggiori dettagli, si veda la relazione sulla discesa del canalone di Forcella Michele, svolta a luglio 2021). Compagno d’avventura è oggi Edoardo, delle Guide Alpine di Cortina, con cui abbiamo avuto il piacere di condividere l’ascensione della Furcia dai Fers da Tamersc appena quindici giorni fa e che si è nuovamente reso disponibile ad affrontare un itinerario esplorativo che, fin da subito, si è rivelato particolarmente avventuroso.

RELAZIONE DELL’ITINERARIO

Lasciata l’auto presso il ponte de la Marogna, 1472 m, si traversa il greto asciutto della Val Fonda e ci si addentra subito nel bosco, sul versante orografico destro. Dopo poche decine di metri, il bosco si dirada e si cammina ora su una frana, risalendola ancora per poche decine di metri, sino a che si individua una traccia che si immette nuovamente nel bosco. La traccia è piuttosto evidente ed in breve conduce alla c.d. “lapide della Valfonda”, riscoperta e restaurata nel 1982. La lapide, datata 31 agosto 1916, reca incisi 269 nomi, tutti i componenti della 6a Compagnia, facente parte della Brigata Umbria, del 53° Reggimento di Fanteria Vercelli (fig. 1).

fig. 1. La lapide commemorativa del 1916.

Si continua a seguire la traccia, ora leggermente in salita, tenendo sulla destra il rio che funge da spartiacque della Val Cristallino. Intorno a quota 1600 m, si abbandona la traccia e si cerca di deviare verso S (destra), aprendosi un varco tra i baranci. (ndr: a posteriori, la corretta via consiste nel procedere dentro il bosco lungo la traccia, senza abbandonarla. Poi, quando la traccia inizia a procedere su falsopiano, si innesta a monte nella traccia principale un sentierino: questo sentierino consente di raggiungere in breve il greto del torrente). La soluzione migliore è scendere quanto prima sul greto del rio. Noi abbiamo invece temporeggiato, fino quasi a raggiungere le pendici rocciose settentrionali della Croda de Le Bance, con grande fatica facendoci strada tra i mughi. Ritrovato finalmente il greto, lo si risale senza possibilità di errore. Ci meravigliamo, quando troviamo infisso perpendicolare nel greto del rio un binario di rotaia, probabilmente della prima guerra mondiale (che ci fa una rotaia qua???) (fig. 2).

fig. 2. La rotaia infissa perpendicolare nel greto del torrente.

Si continua la risalita del greto, sino a che si apre finalmente di fronte a noi la visione della Val Cristallino, in tutta la sua interezza (fig. 3). La salita avviene sempre in ombra ma senza trovare traccia di ghiaccio sul fondo; sebbene al ponte de la Marogna il termometro segnasse -4°C, il clima è particolarmente secco, da giorni, e non v’è umidità che ghiaccia la superficie delle pietre che calpestiamo. La Val Cristallino è davvero una valle deserta, esplorata a fine dell’800 dai primi scalatori che affrontavano la salita del Cristallino di Misurina. Questi, tuttavia, non percorrevano interamente la valle, fino alla Forcella Cristallino, ma la abbandonavano verso metà, per salire, verso E, alla sella che separa le pendici N del Cristallino di Misurina dalla Croda de Le Bance. Da questa sella, salivano poi al Cristallino di Misurina attraverso la parte sommitale della Val de Le Bance. Scriveva W. Eckerth nel 1876: “Chi vuol salire in vetta al Cristallino ha a disposizione due vie che dapprima portano insieme, su per la Val Cristallino, ad una sella profondamente incassata nella dorsale principale del Cristallino, fra il “Kofl” (nda: Cima Le Bance) che costituisce l’ultimo rilievo a nord di questa dorsale e la cima del Cristallino. All’inizio estate, di solito, si scavalca questa sella e si preferisce continuare per la Val Banche che in questa stagione, per lo più, è ancora piena di neve; a metà estate e in autunno, invece, quando la Val Banche è ormai senza neve fino in alto e perciò difficile da percorrere, si sale in cima direttamente dalla sella per il ripido versante nord delle rocce terminali“. Aggiungeva Eckerth una breve descrizione della Val Cristallino, pronunciandosi come segue: “Dalla forcella, che appare bipartita da un roccione centrale, ripidi canaloni nevosi scendono su un circo di ghiaie e sfasciumi. Questo circo, a sua volta, ha varie diramazioni ed è in parte coperto di neve e ghiaccio”.

fig. 3. La Val Cristallino.

Noi scegliamo di non seguire le istruzioni di W. Eckerth ma di percorrere invece interamente la Val Cristallino, fino all’omonima forcella. Giunti là dove la valle si restringe improvvisamente, la pendenza inizia ad incrementare drasticamente e l’incedere sul ghiaione, il cui fondo è compatto e scivoloso, risulta sempre meno agevole. Procediamo, quindi, dapprima tenendoci all’estrema destra del ghiaione, sfruttando i generosi appigli che offre la parete rocciosa, per poi sfruttare una comoda fessura che ci permette di montare sopra il costone roccioso che costeggia il ghiaione (fig. 4, 5, 6 e 7). In verità, pochi metri dopo la fessura su cui saliamo, si trova un accesso molto più semplice, che non richiede di arrampicare, e permette di salire sul costone roccioso ancora più facilmente. Su questo terreno la progressione risulta sicuramente più comoda!

fig. 4 La traiettoria scelta per affrontare la salita del ghiaione nei pressi della strettoia.
fig. 5. Edoardo che risale il ghiaione sul lato destro.
fig. 6. Le due possibili soluzioni per montare sul gradone roccioso ed evitare di procedere sul ripido ghiaione.
fig. 7. Finalmente, procediamo comodi su un fondo solido e stabile!

Ancora una volta, realizziamo quanto la valle che stiamo traversando sia remota e selvaggia; ad ogni passo, troviamo reperti bellici di ogni sorta, che lasciamo in loco a memoria degli aspri combattimenti che tormentarono questa valle, contesa tra italiani e austriaci, nel corso della prima guerra mondiale. Giungiamo ora ad un bivio o, meglio, alla confluenza di due canali. Il canale più a sinistra (E), appare stretto e coperto nella parte sommitale di neve. Il canale di destra, invece, sembra meno ripido e già intravediamo Forcella Cristallino baciata dal sole. Edoardo traversa la confluenza per verificare la percorribilità del canale a E (fig. 8) ma, dopo una breve perlustrazione, conveniamo di salire il più ampio canale di destra.

fig. 8. Edoardo verifica la percorribilità del canale di sinistra, più a E.

Iniziamo ora una salita che si rivela da subito tutt’altro che semplice. Il terreno è instabile e ad ogni passo muoviamo scariche di pietre. Scegliamo quindi di salire su due linee diverse: Edoardo, alla base della parete di sinistra (fig. 9 e 10), mentre io mi porto alla base della parete di destra, iniziando una dura salita che, tecnicamente, sembra più essere un lungo traverso in diagonale delle pendici rocciose (fig. 11).

fig. 9. Edoardo inizia a salire alla base delle pendici del Cristallino.
fig. 10. Edoardo, sempre tenendosi alla base della parete, per sfruttare un terreno più solido.
fig. 11. Quasi in forcella Cristallino 🙂

Finalmente, giungiamo in Forcella Cristallino. Una luce violenta, accompagnata da un teso vento che si incanala in forcella, mi riempi gli occhi che, da ore, erano ormai abituati all’ombra. Tempo di abituare gli occhi alla nuova luce e metto a fuoco il luogo in cui siamo giunti. Forcella Cristallino è una minuscola sella che, sul versante S, degrada drasticamente in un ripido e stretto canale, marcio e dirupato. Il versante S scende così ripidamente che potremmo sederci a cavallo della sella (fig. 12). W. Eckerth lo descriva a fine ottocento come “un canalone roccioso che scende verso il bordo settentrionale del ghiacciaio di Popena” (si pensi a quanto è arretrata oggigiorno la fronte del ghiacciaio!!!). Visto dal basso, nei pressi della confluenza con forcella Michele, veniva descritto come “un canalone che sale ripido ad una forcella divisa in due da un roccione centrale. Sul ramo sinistro della forcella si eleva la cima più alta dello sperone occidentale del Cristallino, mentre sul ramo destro sorgono le rocce della cima principale”. Entrambi siamo sorpresi; non ci aspettavamo un terreno così poco praticabile. Alla base del canale, nell’ombra, intravediamo la confluenza con l’angusto canale che scende da Forcella Michele, già percorso a luglio in discesa per esplorare il circo glaciale del ghiacciaio di Popena. Non ci perdiamo d’animo (almeno ora staremo un po’ al sole!) e ci imbraghiamo per calarci nel canale (fig. 13).

fig. 12. Il canale S di Forcella Cristallino.
fig. 13. In sella a Forcella Cristallino.

Edoardo appronta un ancoraggio intorno a un solido masso ed io inizio la disarrampicata. I primi metri del canale sono terrosi ed il piede solca piacevolmente il fondo. Dopo pochi metri, tuttavia, il terreno diventa roccioso. Ogni appiglio che prendo sulla parete mi si sgretola in mano e, complice il vento che si incanala nella gola, mi ritrovo presto occhi e bocca pieni di polvere. Tutto quello che tocco è marcio e, prima di poter fare affidamento su un appiglio, devo letteralmente smontare la parete per trovare qualcosa di solido! Procediamo con singoli tiri di una ventina di metri: appena riesco a trovare un anfratto riparato nella roccia, mi ci inserisco, così che Edoardo possa scendere a sua volta, senza che le scariche di pietre provocate dal suo passaggio mi investano. Con questa tecnica, facciamo tre calate. La prima e la seconda calata risultano abbastanza semplici da affrontare in disarrampicata (fig. 14, 15 e 16). La terza, invece, più ripida, prevede il superamento di un salto di roccia di circa un paio di metri d’altezza, ben levigato dalle acque piovane e privo di appigli (fig. 17 e 18).

fig. 14. Edoardo durante la prima calata.
fig. 15. Il sottoscritto affronta la seconda calata.
fig. 16. La seconda calata attraversa la sezione del canale più semplice da affrontare in discesa.
fig. 17. Al termine della seconda calata, circa a metà del canale che scende da Forcella Cristallino, pronto per affrontare la terza calata, che prevede il superamento di un salto di roccia di circa un paio di metri di altezza.
fig. 18. Il sottoscritto, pronto per affrontare la terza calata!

Tutto ciò avviene al cospetto della magnifica cima del Popena, 3152 m, dell’Ago Loschner, 2939 m, di Punta Michele, 2898 m, e… del magico Ghiacciaio di Popena, la cui fronte abbiamo esplorato a luglio di quest’anno (leggi la relazione dell’itinerario) e che in questo periodo appare, naturalmente, meno innevato (fig. 19).

fig. 19. Il Piz Popena ed il ghiacciaio di Popena.

Conclusa la terza calata, ci troviamo a dover scegliere tra due itinerari alternativi. Il più “sicuro” e scontato prevederebbe la discesa fino alla confluenza con il canale che scende da Forcella Michele. Conosco quel canale, per averlo percorso in discesa tre mesi e mezzo fa: è ripido, ma non troppo, ed il fondo, per lo meno fino alla strettoia di metà canale, è ghiaioso. Chiaramente, tale soluzione implicherebbe un’ulteriore perdita di quota, per poi dover riguadagnarla superando una nuova forcella (Forcella Michele) con dura salita. Alternativa più intelligente ma di per certo più audace è traversare il costone della montagna, in direzione O, trovando una via che ci permetta di arrivare alla spalla meridionale del Cristallino di Misurina (dove, per intenderci, conduce il sentiero che sale dalla Val Popena, attraverso una nuova e comoda ferrata). L’idea è allettante ma non sappiamo quali incognite potremmo trovare. Alla fine, poiché la fortuna aiuta gli audaci – per lo meno sulla carta 🙂 – optiamo per la seconda strategia. Procediamo quindi di conserva, traversando un costone roccioso con saliscendi su agevole cengia (fig. 20), per poi salire di pochi metri, individuando un’ulteriore cengia (fig. 21).

fig. 20. Edoardo apre la via, cercando il percorso più agevole e diretto.
fig. 21. Edoardo risale la parete individuando la migliore cengia dove traversare.

Arriviamo quindi ad una parete che forma una sorta di diedro. Da qui, Edoardo sale per circa una decina di metri e predispone una prima sosta (fig. 22 e 23).

fig. 22. Alla base dell’ampio diedro.
fig. 23. Il primo tiro di arrampicata.

La fatica inizia a farsi sentire… sarà che non arrampicavo da dieci anni :-), ma sento i muscoli che rispondono pigramente per l’ipossia (e siamo solo a 2500 metri circa!). Inoltre, sono completamente sudato – la parete è in pieno sole – e disidratato. Mi sento un po’ mentalmente fiaccato ma realizzare che stiamo aprendo una nuova via mi rinfranca l’animo ed arrampico cercando di controllare bene la respirazione e muovermi il più fluidamente possibile. Superato il primo tiro, giungiamo in una ampia e comoda cengia, dove posso tirare un po’ il fiato. Ora siamo di fronte ad una parete verticale di almeno un’altra decina di metri. Edoardo la scala con la stessa facilità con cui si potrebbe portare a spasso un cagnolino con una mano mentre con l’altra mano si chatta (fig. 24). Sono impressionato dalla forza e dalla tecnica del mio odierno compagno d’avventura. Non mi resta che contemplare, ammirato, ed imparare (fig. 25).

fig. 24. Edoardo supera il secondo tiro di arrampicata.
fig. 25. In attesa di scalare il secondo tiro.

Giunto in cima alla parete verticale, sento Edoardo approntare una seconda sosta. Questa volta, piantando i chiodi da roccia che, saggiamente, ha portato con sé. Inizio quindi a scalare ma, per la solita legge sull’entropia, accade l’inghippo: la corda si incastra in una fessura rocciosa mentre sto svolgendo un traverso diagonale in salita, creando un angolo che, in caso di caduta, mi farebbe violentemente “sbandierare”, prima di andare in tiro. Tenendomi saldamente all’appiglio con una mano, cerco di liberare con l’altra la corda, dandole delle poderose frustate che, tuttavia, non la svincolano dall’incastro. Mi tocca disarrampicare un paio di metri e riprovare a sbloccare la corda che non ne vuole sapere di liberarsi. Ritorno quindi alla base della parete e, solo nel momento in cui riporto la corda in linea verticale, riesco a tirarla fuori dall’abbraccio dello spigolo malandrino. Questa operazione deve essere durata almeno cinque minuti, che mi hanno ulteriormente prosciugato di energie. Ciononostante, l’arrampicata di questo tratto verticale, che Edoardo valuta essere un III+, mi offre grandissima soddisfazione. Dalla sommità del salto verticale, si procede agevolmente in leggera salita su una stretta cengia, in conserva, fino a raggiungere la cresta della la spalla meridionale del Cristallino di Misurina. Qui, finalmente, mi reidrato e mangio un po’ di frutta secca. Mi sembra di rinascere. Siamo entrambi profondamente soddisfatti di aver aperto una nuova via sulla parete ovest del Cristallino di Misurina (la nuova via, in verità, l’ha aperta Edoardo. Io mi sono limitato a seguirlo. Nonostante ciò, il nobile Edoardo lascia a me l’onore di battezzarla!). Sarà trascorsa almeno un’ora e mezza da Forcella Cristallino ed il sole di fine ottobre inizia a velarsi, sopra le maestose vette del Cristallo e del Piz Popena (fig. 26). Nel 1864, Grohmann descriveva così il panorama che ora ammiriamo: “la vista giù, verso Carbonin e Landro, è bella, quella sul Piz Popena e sul Cristallo è grandiosa e selvaggia“.

fig. 26. Il Piz Popena e, dietro, il Cristallo.

Ora si sale lungo la spalla meridionale, su traccia obbligata e ben indicata, superando sulla sinistra alcune gallerie di guerra, fino a giungere in breve ed agevolmente alla vetta del Cristallino di Misurina, 2775 m (fig. 27 e 28)!

fig. 27. Edoardo raggiunge la vetta del Cristallino di Misurina.
fig. 28. In vetta al Cristallino di Misurina, 2775 m!

Dalla vetta, scendiamo ora in direzione E, verso Forcella de Le Bance, per la stessa via di salita scelta da Grohmann e Ploner nel 1864, data della prima ascensione ufficiale. La discesa è abbastanza agevole; un alternarsi di strette e brevi cenge con facili roccette da disarrampicare. È sufficiente prestare un po’ di cautela a non scivolare sulla ghiaia del pendio. Giunti in prossimità di Forcella de Le Bance, la parete diventa più ripida (fig. 29) e le strette cenge più esposte. Preferisco chiedere a Edoardo di procedere in conserva e, così, superiamo facilmente anche gli ultimi metri.

fig. 29. Lungo la via Grohmann-Ploner del 1864, in vista di Forcella de Le Bance.

Forcella de Le Bance, al contrario di Forcella Cristallino, è una comoda ed ampia sella che mette in comunicazione la Val de Le Bance con la Val de Le Barache, già visitata a luglio di quest’anno (maggiori dettagli sull’itinerario). La Val de Le Bance appare però parzialmente coperta da neve polverosa ed il terreno è molto più duro e compatto di quello trovato nella parallela Val Cristallino. Quanto aveva ragione W. Eckerth quando, nel 1879, descriveva la Val de Le Bance come una “valle esposta a nord e resta in ombra quasi tutto il giorno. Chiusa ai lati dalle ripide pareti delle dorsali del Cristallino, essa si restringe in forma di gola nella parte superiore restando illuminata dal sole per breve tempo soltanto intorno al mezzogiorno”. Ciò si traduce, per me, in una discesa particolarmente faticosa… sarà che le gambe iniziano a sentire la fatica… ma non riesco a sentirmi sicuro ad ogni passo su questo terreno (fig. 30).

fig. 30. La parte sommitale della Val de Le Bance.

La discesa continua, estenuante, fino alla sella che mette in comunicazione la dorsale del Cristallino di Misurina con la Croda de Le Bance. Da questa altezza, non troviamo più neve ma il fondo resta particolarmente insidioso, durissimo, e lo scarpone continua a non riuscire a scavare il minimo gradino in discesa (fig. 31 e 32).

fig. 31. Il restringimento della Val de Le Bance.
fig. 32. Il restringimento della Val de Le Bance e la Croda de Le Bance, sulla sinistra.

A questo punto, il pendio diventa sempre più moderato e, con esso, diminuiscono le mie difficoltà di progressione. Ci troviamo però di fronte ad un salto di roccia, alto circa un paio di metri. Non possiamo aggirarlo e siamo costretti a preparare un ancoraggio intorno ad un pesante masso, per effettuare una veloce calata.

fig. 33. Giunti sul margine di un salto di roccia.
fig. 34. Edoardo prepara l’ancoraggio per la calata.
fig. 35. Ed ecco Edoardo che supera agilmente il salto di roccia.

Ormai inizia ad imbrunire e siamo effettivamente piuttosto stanchi. Ci troviamo circa a metà della Val de Le Bance. Accendo quindi la lampada frontale ed iniziamo un cammino infinito sulle ghiaie nella parte finale della valle, fino ad addentrarci nei tanto amati baranci, dove perdiamo la traccia e procediamo per un tempo che mi sembra interminabile verso valle, correggendo di tanto in tanto la traiettoria e seguendo come linea ideale lo spartiacque della Val de Le Bance (fig. 36).

fig. 36. Tra baranci e ghiaie, uscendo dalla Val de Le Bance.

Dopo un’infinita lotta dentro i mughi, intercettiamo, finalmente, la traccia che, nel bosco, mette in comunicazione Malga Mosca con il ponte de La Marogna, dove abbiamo l’auto. La traccia ci sembra un’autostrada, dopo undici ore di cammino fuori sentiero. Percorrendola in direzione NO, giungiamo finalmente alla meta, alle ore 20.20, stravolti ma soddisfatti!