La Bocca di Sordali nel Deserto des Agriates

DIFFICOLTÀ COMPLESSIVA: E

DISTANZA: 5 km – DURATA: 3 h – DSL: 150 d+

DATA: luglio 2023 e luglio 2024

Premesse

Ho scoperto il Deserto des Agriates nel 2009 ed è stato amore a prima vista. La polvere dell’ardita pista (oggi ben più accessibile) ed il fascino della Saleccia al primo mattino restano tutt’oggi per me magneti che d’anno in anno mi riportano a scoprire tali luoghi selvaggi. Perché, se è vero che la Saleccia attira migliaia di turisti, via terra e via mare, è altrettanto vero che basta camminare poche centinaia di metri ad ovest per trovarsi in un autentico ed incontaminato deserto. Un deserto, esteso all’incirca 15 mila ettari, che non è sempre stato deserto. Un paio di secoli or sono, infatti, tali luoghi ospitavano quello che poteva considerarsi il “granaio d’Europa”… da qui il nome di “Agriate”. Oggi una bassa macchia secca e lignea ha preso il possesso delle abbandonate coltivazioni. Testimonianze di una passata attività pastorizia si rinvengono nei molteplici “pagliaghji”, rifugi in pietra a pianta quadrata che ospitavano pastori e, in epoche più remote, erano adibiti alla conservazione di paglia e grano; alcuni sono stati mantenuti negli anni più recenti, quale riparo per i cacciatori di cinghiali, altri, di dimensioni più contenute, sono rimasti abbandonati ed oggi sono parzialmente crollati. Inoltre, il territorio è solcato da muretti a secco che fungevano da confini. Ma il Deserto des Agriates cela ben più antichi segreti. Dolmen (chiamati in lingua corsa “stazzone”), menhir (chiamati “petre arrite”), statue menhir (petre zuccate o stantare), sepolture, ceramiche, pervenuti nei pressi dei due più alti rilievi (Monte Genuva e Revincu) fanno risalire la presenza dell’uomo a ben 6 mila anni fa. In totale 79 monumenti, ripartiti su 27 siti, rendono l’Agriate uno dei più significativi esempi di civiltà megalitica nel Mediterraneo. E molto, a parere di chi scrive, è ancora nascosto
in un questo esteso ed inaccessibile territorio. Nella presente esplorazione, compiuta in due occasioni, rispettivamente a luglio 2023 in solitaria e luglio 2024 con i miei bambini e l’amico Gila, ho voluto provare a salire al Monte Alli Sordi, chiamato oggi Bocca di Sordali, scegliendo una traiettoria dal mare e non dall’interno.

Relazione dell’itinerario

Si lascia l’auto nei pressi del parcheggio al termine della pista che percorre, per circa 15km, il deserto des Agriates, da località Casta sino al camping U Paradisu. Ci si dirige quindi verso la magnifica Saleccia (plage de Saleccia) per un comodo sentiero recentemente rimesso a nuovo (2023). Giunti in prossimità del mare, invece di scendere in spiaggia, si tiene la sinistra e si imbocca il sentiero dei Doganieri (chemin du littoral o sentier des douaniers), sentiero che da Saint Florent conduce alla spiaggia di Ostriconi (plaga d’Ostriconi), sempre lungo la linea costiera, per una lunghezza di 35km. Giunti nei pressi dell’isolotto roccioso dove un’ansa profonda rientra nella c.d. Spiaggia delle Conchiglie, ci si addentra nel Deserto, tenendosi alla sinistra della palude e trovando la migliore via lungo il costone roccioso. Si procede su una sorta di antico terrazzamento e lo si risale, badando di non scendere nel valloncello che è occupato da una fitta macchia. Al termine del terrazzamento, apparentemente bloccato dalla vegetazione e da un piccolo salto di roccia, si prosegue la linea ideale del terrazzamento, addentrandosi per un paio di metri nella vegetazione e salendo su un terrazzamento superiore. Da qui, si piega drasticamente verso E (sinistra), arrampicando su facili roccette sino a guadagnare la cima della promontorio roccioso.

Si segue ora la linea naturale del crinale roccioso, preferendo la via più agevole, per poi scendere nel valloncello fitto di macchia, mirando all’interno del deserto. In particolare, tenendo la sinistra nel valloncello, si individua un’apertura nella macchia, quasi un tunnel, che permette di superare la barriera vegetativa e giungere sul versante opposto.

Da qui, tenendo leggermente la destra, si trova la migliore via e si rimonta il valloncello sino a giungere alla dorsale da cui si scorge il nuovo più ampio valloncello.

Scrutando sulla destra, in direzione della palude della Spiaggia delle Conchiglie, si individuano i resti del pagliaio più elevato. Lo si raggiunge superando una vegetazione che appare più rada e ci si trova in un’area costituita da due terrazzamenti. Nel primo terrazzamento, si rinvengono i resti di due pagliai senza tetto. In un terrazzamento subito a valle, si rinvengono invece i resti di diversi pagliai e quello che potrebbe sembrare un muretto a secco collocato a guisa di recinto per il bestiame.

Nei pressi dell’insediamento, grazie al metal detector del Gila, troviamo innumerevoli proiettili di fucile ed i resti di un antico strumento di ferro, probabilmente l’impugnatura di una forbice per tosare le pecore. A questo punto, desistiamo per il caldo insopportabile; non c’è un filo di vento e l’umidità è davvero elevata. È da questa posizione che, l’anno precedente, ho tentato la salita alla Bocca Sordali scegliendo traiettorie che prediligessero sempre il raggiungimento delle dorsali più elevate.

La salita procede a grande fatica; l’itinerario si svolge superando un susseguirsi di valloncelli che separano le varie dorsali rocciose. Ogni valloncello è occupato da muri impenetrabili di fitta macchia tagliente (nulla a che vedere con i delicati baranci dolomitici!). Si sale e si scende ripetutamente in queste “trappole” fino a guadagnare una sezione interamente rocciosa che permette di ammirare un panorama sensazionale sulla costa sottostante. Spelonche nelle pareti, piante di rosmarino parzialmente bruciate da incendi di anni passati, arse dal calore e fossilizzate, curiose forme ed aperture nella roccia; un panorama estremo e senza dubbio inviolato: chi potrebbe aver solcato questo itinerario? Forse i pastori che, poco distante la mia traiettoria, più a E, hanno costruito un muretto a secco di confine negli anni che furono.

Arrivo a quota 130 m. Proseguendo è verosimile che si arrivi alla cima della Bocca di Sordali (mancherebbero altri trenta metri di dsl+) ma il caldo opprimente e la volontà di individuare una traiettoria differente per la discesa mi impongono di fare dietrofront. La discesa è anche più audace della salita. Mi sposto più a E, fino a intersecare il muretto di confine a secco che, teoricamente, mi dovrebbe condurre fino alla spiaggia di Saleccia. Ad E del muretto, dove la discesa sembrerebbe diretta, in linea d’aria, fino al Camping U Paradisu, fittissime barriere di macchia rendono impensabile un attraversamento. Scelgo quindi di camminare sopra lo stesso muretto, sebbene spesso questo sia invaso dalla vegetazione che impone di scegliere e seguire una traiettoria alternativa. La discesa continua sino al raggiungimento di un pagliaio in ottime condizioni, collocato in una radura. Mi pare evidente che questa casa sia tuttora utilizzata da cacciatori o pastori come ricovero.

La casa è sita esattamente nella traccia di sentiero che conduce alla Saleccia. Nel giro di un quarto d’ora, scendendo verso E, si raggiunge la spiaggia su nitida traccia.

Nota conclusiva

Molteplici sono le soluzioni esplorative del Deserto des Agriates che tengo nel cassetto. Una considerazione fondamentale merita tuttavia d’essere svolta. Una cosa è muoversi lungo la costa, sul sentiero dei doganieri. Qui la brezza marina riduce leggermente la temperatura corporea e si trovano spesso aree ombrose dove riposarsi. Altra storia è, invece, avventurarsi nel deserto. Il clima è totalmente diverso ed anche la vegetazione muta dall’area costiera a quella più interna. Muovendosi sulla roccia, questa può diventare rovente e la perdita di liquidi può essere particolarmente significativa. L’ho provato più volte sulla mia pelle, correndo andata e ritorno da Saleccia all’entrata del deserto oppure da Saleccia a Ghignu. Nel deserto ci sono delle fonti ma bisogna sapere dove stanno e non sono certo abbandonanti. Talvolta sono prosciugate. Ci sono anche spesso, nei valloncelli più profondi, dei piccoli “laghetti” ove si raccoglie l’acqua piovana, a mo’ di oasi. Tale acqua necessita ovviamente di debita bollitura per essere consumata. Le oasi si trovano sapendo leggere il territorio: là dove vi sono alberi che svettano tra la macchia, significa che c’è acqua. Infine, la roccia dell’Agriate, complice la secchezza dell’ambiente, è soggetta a facile sgretolamento. Ne deriva che un appiglio può letteralmente esplodere sotto i propri piedi o mani. Ciò detto, l’esperienza esplorativa merita sicuramente. Confido, nei prossimi anni, di poter scrivere un’adeguata relazione sulla salita del Monte Genova!

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